venerdì 29 maggio 2015

Un oste nella Palermo “colta” del XVIII secolo

di Francesco  Paolo  Pasanisi

Tra le “putie” degli artigiani del quartiere La Loggia sorgeva la trattoria “Di li Casciara” del lombardo Giovan Maria Bassanelli, ricordata anche nel poema della “Fata Galanti” del Meli
Tra le vie del quartiere della Loggia, quella dei Cassari è una delle più caratteristiche, essa trae il nome dagli artigiani che l’abitavano e che fabbricavano casse, scale e remi: quest’ultimi per i pescatori del vicino porto della città ed anche del porto “Pidocchio”. Per porto Pidocchio s’intendeva quel tratto di costa che si estendeva nella zona del “Borgo” attorno alla chiesa di S. Lucia. Quartier questo abitato prevalentemente, nel secolo XVIII, da Lombardi, nelle mani dei quali si accentrava il commercio del vino, ma non solo, questi conducevano anche le taverne ed il 90% dei forni che producevano dell’ottimo pane.
E Lombardo era l’oste Giovan Maria Bassanelli che dal 1762 al 1787 gestì un’osteria sita nella suddetta via dei Cassari, osteria appartenuta in precedenza al cugino Andrea. Quest’osteria detta “Di li Casciara” è ricordata nel secondo canto del poema berniscu della “Fata Galanti” del Meli. Il poeta dell’Arcadia abitava nei pressi dove oggi sorge la chiesa della Madonna del Lume (1788), quindi a due passi dalla stessa trattoria.

SECUNNU

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Finuta sta vanedda si vidia
Cu l’addauru a la porta ‘na taverna
Chi Bravascu! ammucciari si vulia
Chidda di li Casciara chiù muderna; 
Un pignatuni di trippa cucia,
Tuttu sbrazzatu lu Su fattu a Perna;
Lu Garzuni gridava comu un mattu,
Li maccarruni a du’ rana lu prattu.

La taverna costituiva un centro di cultura e di ristoro, in un periodo tra i più floridi per la città di Palermo. Merito del Bassanelli, che da uomo accorto, nobile di spirito, dal cuore grande, spinto dall’amore del dovere, ottimo cristiano, caritatevole e misericordioso seppe gestire con prudenza e avvedutezza l’osteria grazie alla sua rettitudine ed onestà.
Le osterie dal ‘600 in poi si presentavano come dei luoghi pittoreschi e dai facili piaceri, dove si incontravano persone di ogni ceto e condizione. Queste erano più controllate di prima dalle autorità di polizia.
La taverna de’ Casciari era accessibile a tutti perché con poca spesa si rimaneva soddisfatti. Mercanti forestieri, artigiani, cittadini, plebei, donne, dame, erano i principali clienti del bravo Bassanelli, che serviva con accorte e graziose maniere delle saporite vivande, grazie anche ai suoi garzoni, che eseguivano gli ordini, precisi e repentini, per non far attendere i clienti.
Tipico oste dal portamento accigliato, amava pavoneggiarsi sopra il volgo e le persone colte ma sempre con modestia. Arguto, dalle gote lisce e l’atteggiamento tipico del misogino, interveniva in ogni discussione con prontezza e preparazione. Era un letterato aperto, dalla mente lucida, dalla fantasia viva e dall’ingegno fervido. Impersonava il tipico savant dell’epoca, sostenuto nei discorsi dalla filosofia e dalla religione. Amante del prossimo non a parole ma nei fatti. Ospitava i baroni spiantati e i bambini poveri e spesse volte non si faceva pagare, per non umiliare il debitore. La “Taverna de’ li Casciara” rappresentava una fucina di cultura tipica dell’epoca dei “Caffè”.
Le scansie dell’osteria erano sempre stracolme di tutto ciò che si poteva servire ai tavoli: dai pesci di ogni tipo, alla caccia prelibata, ai piatti più semplici e più graditi dagli innumerevoli clienti che frequentavano la sua taverna e che spesse volte volevano allontanarsi dai piatti ricercati della cucina francese (Palermo era piena di cuochi d’oltralpe che lavoravano presso le famiglie nobili dell’epoca).
Il cibo poteva mancare dalla mensa dei ricchi ma non nella cucina dell’oste, sempre in attività fra i carboni accesi , i fumi delle fritture e gli odori delle ottime pietanze. Quindi a completare e rendere più affascinante l’ambiente, si potevano ammirare e consultare i testi classici degli antichi autori latini, greci o delle storie del Robertston e del Muratori.
I volumi erano posti negli scaffali, non in perfetto ordine, a testimoniare la continua lettura. Il tutto creava un’atmosfera particolare e confortante ed un ambiente confortevole e non di evasione ma di riflessione, maturazione e crescita interiore che metteva l’uomo a contatto con il suo simile in un mondo reale, concreto e vero. Il Bassanelli era l’artefice, il coordinatore ed il promotore di questo luogo non arcadico ma naturale, razionale e rasserenatore per chi lo frequentava.
L’Osteria de’ Casciari non era né “L’Osteria del Predone” dei “Misteri di Parigi” di E. Sue, né la più famosa “Rotisserie de ­la Reine Pédoque” di A. France. Quella del nostro oste rappresentava una concreta realtà dove tutto era possibile.

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